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Leggere Corrente: Casa Museo Boschi di Stefano

 

Il 5 dicembre 2018 la Casa Museo Boschi Di Stefano, in occasione dell’ottantesimo anniversario della fondazione della rivista Corrente,  ha presentato la mostra Leggere Corrente, di cui noi di soluzionimuseali-ims abbiamo realizzato l’allestimento progettato dallo studio dell’architetta Cristiana Vannini (quasi omonima di Cristina Vannini… i casi della vita!)

Alla soglia degli anni Quaranta, Antonio Boschi e Marieda Di Stefano, sensibili ai valori espressi da Corrente, acquistarono dipinti, grafiche e sculture degli artisti che presero parte, nel 1939, alla prima e alla seconda mostra del movimento.

Le opere esposte, provenienti dai depositi dei musei civici milanesi, rappresentano una selezione significativa, che mira a restituire la complessità di voci e il fronte espressivo ampio e variegato che animò il gruppo.

La mostra, visitabile fino 3 marzo 2019, al  si affianca alle esposizioni 40 anni di cultura a Milano negli archivi della Fondazione Corrente presso Fondazione CorrenteGli anni di Corrente 1938-1978-2018 alla Biblioteca Sormani Corrente 1938 al Museo del Novecento.

 

 

 

Cascina Linterno: eredità europea di Petrarca

Da anni stiamo con CSA Petrarca, che ha recentemente vinto il bando per la gestione di Cascina Linterno. L’associazione ha fra i suoi scopi la valorizzazione della memoria storica del luogo e contribuire alla divulgazione su Francesco Petrarca: la cascina è infatti l’unica rimasta delle abitazioni milanesi in cui Petrarca risiedette durante il periodo trascorso presso i Visconti.

“Casa Petrarca” e il suo territorio, con le sue marcite e i fontanili riescono ancora oggi a restituire agli occhi di chi le visita le atmosfere in cui si muoveva il poeta. Ricordare il soggiorno di Petrarca a Milano, dove restò per buona parte di un decennio (1353-1361) è importante per restituire al territorio la dimensione concreta e locale della figura.
Ma anche perché, per la sua storia e le sue produzioni, l’eredità di Francesco Petrarca ha una portata ben più ampia.
Seguire le tracce di Petrarca porta lontano perché fa riflettere su una figura che più di tante altre ha una dimensione aperta e superiore a quella regionale o nazionale: questo non solo perché Milano fu solamente una tappa nei continui viaggi del poeta “nato in esilio”, ma perché la sua produzione culturale influenzò tutto il continente nel momento in cui per la prima volta cominciava a nascere un’identità culturale europea comune.
In un momento in cui l’Italia svolge un ruolo di guida nel campo della cultura e delle arti, Petrarca fu indubbiamente la figura letteraria chiave. E il suo muoversi, senza radicamento, di corte in corte ha un significato non solo pratico, ma anche simbolico, che ci ricorda il valore culturale unificante del viaggio. I viaggi di Petrarca si accompagnano infatti alla ricerca di una base culturale comune per l’Europa, alla riscoperta degli antichi e alla loro riattualizzazione nello sforzo di trovare dei valori universali in un contesto politico segnato dalla violenza e dal conflitto. Il poeta che più di tutti mise al centro l’individuo fu anche quello che nella complessità e ambivalenza del mondo interiore trovò anche un linguaggio che fosse condivisibile da tutti gli uomini: saper riconoscere di provare le stesse emozioni diventa così la base su cui poter costruire una vera convivenza.
La comunanza di esperienza è quindi la chiave per la fondazione della comunità. Questo messaggio fu bene accolto dai diretti successori di Petrarca, dalla comunità culturale che si andò a creare a partire dall’eredità che lasciò (insieme a Dante e Boccaccio) a tutta l’Europa. In un momento di guerre e trasformazioni sovranazionali era forte il desiderio di costruire rapporti: di creare una comunità che fosse internazionale ma che parlasse una lingua comune, che si riconoscesse negli stessi valori e che in questi, e non nei conflitti fra i popoli, sapesse costruire la propria identità.
La cultura europea che si ispirò a Petrarca fu una cultura che ricercava il confronto, e che seppe riconoscere nel dialogo la vera conoscenza.
Cercando una connessione fra gli antichi e moderni Petrarca pose le basi per il primo movimento di unificazione culturale europea. E creando un linguaggio della soggettività diete vita ad una lingua della comunità.

La portata di Petrarca e l’eredità che ha lasciato alla cultura europea si trova veramente quando si apre lo sguardo, e si riconoscono in questa cultura le sue dimensioni di socialità, di apertura e di confronto.

Identity and Mission – Museology and Values. Art and Human Dignity in the 21st Century

Identity and Mission – Museology and Values. Art and Human Dignity in the 21st Century

Dal Louvre al The State Hermitage Museum, dai Musei Vaticani alla National Gallery di Londra, e ancora il Bode-Museum di Berlino, gli Uffizi, la Galleria dell’Accademia e la Pinacoteca di Brera.

Come sapete, lo scorso 28 e 29 Settembre a Firenze, i direttori e curatori di alcuni tra i più importanti musei del mondo si sono riuniti per il convegno “Museology and Values. Art and Human Dignity in the 21st century” organizzato dall’Opera di Santa Maria del Fiore, per raccontare le loro sfide e le loro soluzioni nella comunicazione dei significati di oggi.

Insieme, hanno sottoscritto un vero e proprio manifesto che, con piacere, vi riproponiamo qui di seguito:

 

 

Il campanile di Giotto. Studi e ricerche per la conservazione

La torre di Giotto

Un convegno internazionale sulle ricerche per la conservazione

 L’Opera di Santa Maria del Fiore ha presentato a Firenze, lo scorso 15 e 16 novembre, gli studi e le ricerche svolte riguardo i metodi di conservazione per il Campanile di Giotto.
soluzionimuseali-ims ha collaborato con l’Opera nell’organizzazione delle due giornate, dove architetti e ricercatori del settore hanno potuto mettere in luce i risultati delle loro ricerche, da analisi strettamente tecniche del suolo sismico a nuovi spazi scoperti nella torre. Il convegno ha visto tra il suo pubblico ingegneri e architetti interessati a documentarsi e aggiornarsi sul patrimonio artistico di Firenze.
L’informazione e la divulgazione delle scoperte hanno raccolto a Firenze un centinaio di persone presso l’Antica Canonica di San Giovanni dove le due giornate hanno avuto luogo.
Per poter diffondere al meglio i frutti della ricerca, gli atti del convegno saranno presto pubblicati.

Museology and Values

 

Il 28 e 29 Settembre avrà luogo il simposio internazionale Museology and Values. Art and Human Dignity in the 21st Century, organizzato da soluzionimuseali-ims per conto del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze. 

L’idea del presente convegno nasce dall’esperienza recente dell’Opera del Duomo di Firenze nel re-installare i capolavori del suo museo, e mira a stimolare uno scambio tra professionisti nel campo museale sul ruolo dell’arte del passato nell’attuale cultura globale.

I relatori e i panellists sono direttori e curatori dei più importanti musei al mondo, professori di museologia e architetti attivi in questo campo, che racconteranno le loro sfide e le loro soluzioni nella comunicazione dei significati di oggi.

Tra gli ospiti di Museology and Values vi segnaliamo la presenza del Jean-Luc Martinez, Direttore del Louvre e di Michail Borisovi? Piotrovskij, Direttore del The State Hermitage Museum.

Lo scopo di questo convegno è quello di discutere i principi e le strategie di presentazione dell’arte nell’odierno panorama culturale globale e stimolare lo scambio e la discussione tra i professionisti del campo museale.

Una delle domande centrali sarà se si creda ancora che i musei oggi, nel modo in cui mostrano l’arte, possano plasmare nei visitatori un senso della dignità della persona umana. Attraverso le letture di storia e di stile che propongono, possono i musei colmare la distanza che oggi sembra separare il presente dal passato, isolando singoli e gruppi in una contemporaneità senza radici? Se si, come? Se no, perché?

 

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ARCHITETTURE DEGLI ANNI ’30 IN MOSTRA PER LA DESIGN WEEK

In occasione della Milan Design Week, MonteNapoleone District è diventato “Quadrilatero del design” con una installazione di Studio Job che interviene sulla splendida facciata razionalista dello storico Garage Traversi di via Bagutta 2 e con la mostra a cielo aperto dal titolo “Mi[x(xx)]ing Architecture – Milano: radici e sintomi della città moderna” dedicata alle architetture degli anni trenta sorte durante il periodo in cui fu costruito anche il Garage Traversi. La mostra curata da Alessandro Cocchieri pone l’attenzione su alcuni edifici identificativi degli anni ’30 di Emilio Lancia, Gio Ponti, Giuseppe De Min, Piero Portaluppi, Luigi Figini, Gino Pollini, Giuseppe Terragni, Giovanni Muzio, Alessandro Rimini e Pietro Lingeri. Accompagnate da opere grafiche dello Studio Job, lungo via Montenapoleone si sono potute scoprire dieci vedute prospettiche fotografate dalla giovane fotografa Alice B. che di seguito ci racconta come ha affrontato il progetto fotografico.

Altri riferimenti : milanocittàimmaginata.it mostra online di soluzionimuseali-ims per il CASVA di Milano

Approcciarsi alla fotografia architettonica significa presentare un edificio nel suo insieme e nel suo contesto, mettendo in risalto le fasi che l’architetto ha dovuto affrontare durante la progettazione per evidenziarne la bellezza della costruzione.

L’intenzione era di documentare attraverso la fotografia l’architettura degli anni ’30.

Anche se apparentemente indipendenti l’una dall’altra, le due arti, fotografia e architettura, sono strettamente legate da elementi che alimentano entrambe come la luce, lo spazio, la prospettiva e il colore.

Per poter aver una buona fotografia bisogna conoscere l’edificio sotto ogni aspetto e da ogni punto di vista. In questo senso ci sono state complicazioni dovute all’impossibilità di avere accesso a luoghi che ci avrebbero permesso una visuale ottimale. Questo limite, però, si è rilevato un punto a favore dal momento che ha permesso di acquisire immagini da angolazioni non scontate ma che sono visibili a chiunque: le fotografie effettuate sono quindi una “guida allo sguardo”, un’indicazione di come osservare con occhio nuovo gli edifici selezionati. Anche un altro aspetto critico si è tramutato in un atout.
Avendo dovuto organizzare il percorso degli scatti in una finestra temporale ridotta, si sono dovute sfruttare attentamente le condizioni meteo che si alternavano nell’arco della giornata per avere la luce migliore ad esaltare il soggetto.
Le giornate nuvolose sono quindi state l’ideale: in questo modo infatti si evitano facilmente ombre che colpiscono l’edificio e ne confondono le forme e i dettagli. La post-produzione, a sua volta, ha aiutato a rimuovere tutti quegli elementi che disturbavano l’immagine come persone, pali e segnaletica, apportando leggere modifiche di “rattoppo” che aiutano l’osservatore a godere della pura visione globale dell’edificio attraverso la fotografia.

Infine, la scelta di realizzare le immagini in bianco e nero piuttosto che a colori è dovuto alla volontà di enfatizzare le linee e le forme delle strutture, così caratteristiche e fondamentali per l’architettura del periodo prescelto.

VINCITORI EMYA 2018

Questo è stato un anno vincente per l’Italia all’EMYA. Su tre musei partecipanti, due – il Museo Egizio di Torino e il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze – hanno ottenuto una menzione speciale per l’alto valore della ricerca su campo, accademica e di divulgazione e per il suo impatto sociale anche in termini di diplomazia culturale il primo e per la capacità di esporre l’elevato valore estetico delle proprie collezioni per il secondo.

 

Il Museo Archeologico Nazionale di Altamura pur non avendo ricevuto premiazioni ha suscitato un attento interesse per la capacità di coniugare la ricerca scientifica alla promozione dello sviluppo regionale.

Sempre di più, in questi ultimi anni, il premio EMYA si sta indirizzando alla ricerca di idee, approcci e contenuti innovativi che vadano al di là delle tecniche o degli strumenti utilizzabili per veicolarli.

Il Museo del Design di Londra, vincitore del premio principale, si caratterizza proprio per questo: uno spazio – una piazza – in cui chi inventa, chi produce e chi utilizza oggetti di design si incontrano ed imparano vicendevolmente. L’interattività è soprattutto manuale quasi a ribadire l’importanza della creazione artigianale, dell’handcraftmanship – non sottomessa alla preminenza della tecnologia.

Il War Childhood Museum di Sarajevo, vincitore del Premio dei Musei del Consiglio d’Europa, come già i precedenti vincitori di questo premio, l’European Solidarity Centre di Gdansk e il Museo della Schiavitù di Guadalupe, racconta storie che non lasciano indifferenti e le presenta senza superfetazioni ma con la semplicità delle storie che raccontano i bambini.

 

I premi Silletto, per il rapporto con la comunità, e il Premio Kenneth Hudson quest’anno sono entrambi espressione soprattutto di cultura immateriale e tradizioni culturali composite (il Museo di Betina delle costruzioni navali il primo e il Museo Nazionale Estone, il secondo).

 

Molti altri musei che, pur essendo stati candidati, non hanno raggiunto un premio, meritano attenzione per il loro approccio specifico ai temi della “public quality” e dell’innovazione museologica e l’eccellenza complessiva delle loro attività.

Ancora una volta EMYA si conferma un ottimo osservatorio a cui molti musei in fase di rinnovamento potrebbero rivolgersi per trovare confronto e ispirazione, sperando, prima o poi che un museo italiano riesca a vincere il premio come migliore museo dell’anno.

Consulta il comunicato stampa di European Museum Forum – qui il link