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Guida all’accessibilità museale

BREVE GUIDA ALL'ACCESSIBILITÀ MUSEALE

Cosa si intende per accessibilità museale?

Per accessibilità museale si intende l’attuazione di progetti e iniziative e la costruzione di infrastrutture con l’obiettivo di rendere il museo accessibile davvero a tutti.

Spesso pensiamo che l’accessibilità agli spazi pubblici e in particolare ai musei si riduca a quella fisica, motoria e alle barriere architettoniche. Spesso il primo pensiero va quindi a rampe che permettano l’accesso dove sono presenti delle scale oppure a servizi igienici adeguati.
La realtà è molto più complicata, esistono tante diverse tipologie di pubblici ciascuno con le proprie esigenze e, di conseguenza, in risposta devono esistere tanti diversi tipi di accessibilità al museo.

Accessibilità e musei: si può, anzi si deve.

Se è vero che negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti in ambito di accessibilità museale, è anche vero che c’è ancora molta strada da fare, specialmente in Italia dove gli interventi in questo senso sono stati sporadici.
Non solo è importante riportare l’attenzione sui pubblici e sulle loro esigenze, ma è necessario fare un ulteriore sforzo e provare ad adattare o a rimuovere le diverse barriere (di tipo fisico, ma anche sensoriale, cognitivo, culturale ed economico) che possono essere presenti all’interno e all’esterno del museo. L’obiettivo del museo dev’essere quello di permettere ai tutti i pubblici di sentirsi parte essenziale e pienamente rappresentati da esso.

Qualche best practice

Nel nostro precedente articolo dedicato all’accessibilità museale avevamo già introdotto alcuni musei capofila nella promozione dell’inclusività, tra cui il Museo Tattile Statale Omero di Ancona e il Museo Tolomeo di Bologna. Altri esempi interessanti da tutto il mondo sono forniti da:

  • Wellcome Collection di Londra, dove l’accessibilità è uno dei cardini del museo, intorno a cui ruotano la struttura, i servizi, il programma e le singole mostre
  • Canadian Museum for Human Rights di Winnipeg, che ha adottato un’app che permette a qualsiasi visitatore la visita in completa autonomia, con audioguida, linguaggi dei segni in diverse lingue, localizzatori per non vedenti e molto altro
  • Palazzo Strozzi di Firenze, dove sono stati attivati dei progetti e dei laboratori per consentire a tutti i pubblici di vivere le mostre partecipando attivamente
I punti da cui partire
  • Rendere il museo un luogo empatico, dove l’ascolto è il primo passo per accogliere e coinvolgere i visitatori
  • Realizzare un’accurata analisi dei nostri pubblici, per poter studiare diverse soluzioni che rispondano a tutte le loro esigenze specifiche
  • Avviare strategie di inclusione (come ad esempio la creazione di percorsi ad hoc che coinvolgano diversi sensi), con risultati rilevanti per l’intera comunità
Ciò che soluzionimuseali-ims può fare per voi

soluzionimuseali-ims, attraverso il suo servizio di Consulenza Strategica, potrà seguirvi in tutte le fasi del progetto, dall’analisi, passando dall’ideazione e dalla strutturazione, fino ad arrivare alla realizzazione, con la proposta di soluzioni articolate e specifiche per il vostro caso. L’intero progetto sarà sviluppato sulla base del nostro metodo AVEA, associato all’applicazione del visitors’ journey (leggi in nostro articolo sull’argomento!), cioè il percorso che il visitatore compie per decidere di visitare un determinato luogo culturale.

Per qualsiasi informazione e curiosità visitate il nostro sito web o contattateci.

Se desiderate approfondire l’argomento, potete leggere il nostro articolo dedicato a disabilità, integrazione e accessibilità.

 

 

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LE CULTURAL ROUTES

LE CULTURAL ROUTES

CHE COSA SONO LE CULTURAL ROUTES?

Le Cultural Routes sono dei network tematici che lavorano a livello internazionale e che vengono certificati dal Consiglio d’Europa. Ogni Route è costruita intorno ad un tema europeo che unisce elementi tangibili e intangibili del patrimonio culturale condivisi tra diversi stati del continente europeo.

Quella delle Cultural Routes è quindi una rete di progetti culturali, educativi e di cooperazione. Il suo obiettivo è  lo sviluppo e la promozione di itinerari che portano avanti attività in campo accademico, educativo e artistico.

Gli obiettivi primari delle reti sono quindi promuovere la ricchezza e la diversità delle culture e dei paesi europei, e trasformare i valori  e storie europee condivise in una realtà tangibile.

DI COSA PARLANO?

I temi portati avanti dalle reti sono dei più vari: rientrano in diverse categorie (arte, storia, spiritualità, natura). Possono concentrarsi su di un percorso storico, una figura, un fenomeno culturale. L’importante, come già detto, è che raccontino una storia condivisa da più paesi e che il tema abbia una particolare significato per la comprensione di valori comuni europei.

Le reti possono essere diffuse in un territorio specifico (La Hansa) o in tutta Europa in maniera “reticolare” (Itinerari degli Impressionisti), oppure ancora possono seguire un determinato percorso (Il Cammino di Santiago de Compostela).

QUALI SONO I REQUISTI PER POTER DIVENTARE UNA CULTURAL ROUTE? 

Per poter essere certificati come Cultural Route del Consiglio d’Europa, ogni rete deve rispettare tre criteri principali:

  • comprendere almeno tre stati membri del Consiglio d’Europa
  • essere sviluppata da un’istituzione legale con personalità giuridica
  • svolgere annualmente attività a livello europeo
E QUALI SONO GLI STEP NECESSARI PER COSTRUIRE UNA RETE?

Abbiamo visto quali sono i requisiti necessari, vedremo ora gli step per sviluppare una rete in grado di presentarsi al processo di certificazione.

  1. Creazione di una associazione: Come già detto, un primo passo importante è la costituzione formale di una associazione, la cui forma e statuto possono essere definite in base alla particolarità di ciascuna rete. 
  2. Definizione del tema. E’ importante effettuare lavoro preciso di ricerca sul tema del percorso, che dovrà essere curato da una commissione scientifica. Questo significa anche svolgere una mappatura di tutti gli elementi materiali e immateriali connessi al tema.
  3. Coordinare azioni comuni. Una volta che la rete è costituita ed è definito il tema, è importante sviluppare un palinsesto di attività annuali condivise da tutta la rete. Per ottenere la certificazione un focus particolare dovrà essere dato ad attività dedicate ai giovani, in particolare di scambio culturale.
  4. Assicurare la visibilità della rete. Questo significa promuovere le attività della rete, ma anche e soprattutto creare un brand riconoscibile e attività di comunicazione coordinata. La forza della rete sta nella sua riconoscibilità e nella capacità di essere una porta d’accesso per i visitatori a tutti i membri della rete.
COME CERTIFICARSI?

Il processo di certificazione come Cultural Route è lungo 10 mesi e si svolge nel corso di due anni.

Inizia a luglio con la call for application e prosegue fino al maggio dell’anno successivo con la comunicazione dei risultati ai network che si sono proposti alla certificazione.

COSA SOLUZIONIMUSEALI-IMS PUÒ FARE PER VOI

Se il progetto delle Cultural Routes vi incuriosisce, soluzionimuseali-ims può aiutarvi a sviluppare la vostra idea, cercare partner a livello internazionale e programmare tutti gli step necessari.

In particolare soluzionimuseali-ims può curare:

  • Sviluppo brand e attività di comunicazione
  • Coordinamento attività di ricerca e commissione scientifica
  • Sviluppo programma attività culturali
  • Ricerca bandi e finanziamenti per lo sviluppo del progetto
  • Gestione amministrativa, gestione dei rapporti fra i partner e con il Consiglio d’Europa
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Il nostro metodo AVEA: Applicazione

APPLICAZIONE

Non basta sapere, si deve anche applicare; non basta volere, si deve anche fare.
(Johann wolfgang von Goethe)

Applicare quanto è stato elaborato, quanto si è imparato e capito dalle ricerche e dalle analisi. Riportare nella realtà applicata quello che è stato pensato, anche nel migliore e più accurato dei modi, comporta sempre un momento di disillusione: “non l’avevo pensato così…doveva essere diverso…” un piccolo ingranaggio che nonostante tutte le attenzioni era sfuggito, un parametro o una variabile che, nel tempo o nello spazio, si è modificato anche impercettibilmente richiama subito la nostra attenzione e richiede reazioni correttive rapide e adeguate. 

Già in fase di applicazione, quindi, il protocollo AVEA riprende immediatamente: mentre realizziamo il nostro progetto dobbiamo ascoltare possibili migliorie, valutarne la fattibilità e la coerenza, elaborare le modifiche necessarie e applicarle immediatamente.

Ma più le fasi precedenti sono andate in profondità, più il rapporto con il cliente è stato stretto e partecipato, più la conoscenza delle situazioni e del contesto approfondita, minori saranno le modifiche da apportare al progetto. 

Certo, ci si potrà rendere conto che ci sono stati dei nodi nella progettazione, cosa poteva essere fatto meglio o più rapidamente o con meno sforzi, ma nel complesso il progetto applicato sarà la versione reificata di quello su carta. 

Certo, in fase di valutazione e di elaborazione si saranno prese in considerazione le tempistiche di obsolescenza del progetto e cosa e come dovrà essere fatto per affrontarle.

E il processo riprenderà…. e noi saremo ancora disponibili ad accompagnarvi. 

Pensa globalmente, agisci localmente. Pensa strategicamente, agisci tatticamente.
(Peter Drucker)

#Chatonthesofa: oltre il format

#Chatonthesofa: oltre il format

Sono passati alcuni mesi da quando il mondo ha dovuto fermarsi a causa di una pandemia globale, imponendoci di arrestare bruscamente la nostra quotidianità e costringendoci nelle nostre case. Per affrontare questo periodo di smarrimento e isolamento il team di soluzionimuseali-ims ha pensato di creare un format ad hoc, Chat on the sofa, per scambiare opinioni, idee e prospettive con ospiti internazionali sulla situazione che i musei e il mondo culturale più in generale stavano vivendo in quel momento. L’obiettivo era quello di scattare una fotografia della situazione durante la pandemia per i musei di tutto il mondo, per poi confrontarsi su come affrontare la ripresa delle attività e la riapertura.

L’idea del format nasce dalla necessità di rimanere al sicuro nelle proprie abitazioni, ma con la forte volontà da parte degli interlocutori di incontrarsi in modo informale, di confrontarsi amichevolmente e di creare una rete solidale tra operatori culturali. Da qui il termine Chat on the Sofa: benché separati da chilometri di distanza e impossibilitati ad incontrarsi di persona, gli ospiti si sono incontrati via diretta Instagram, uniti dalla passione per il mondo culturale e per il proprio lavoro e dalla speranza di una pronta ripresa.

Di certo la pandemia di Covid-19 ha lasciato un segno indelebile sulle nostre vite e ha cambiato per sempre il nostro rapporto con lo spazio, e in questo caso il rapporto con lo spazio museale, il quale va ripensato in termini di sicurezza e relazione con il pubblico.
Questo è stato uno dei topic principali delle video-interviste: come i musei hanno affrontato e reagito a questa crisi e quali saranno i loro prossimi passi, in una realtà completamente nuova e difficile da gestire.
Il confronto con realtà internazionali ci ha permesso di avere una visione più ampia di ciò che stava succedendo nel mondo, delineando approcci e problemi differenti ma anche molti punti in comune.

Una delle problematiche più impellenti per le realtà protagoniste delle Chat on the Sofa è sicuramente quella economica, in una situazione in cui il settore era già fortemente danneggiato. Alcuni musei hanno ricevuto aiuti statali o da fondi privati, altri rischiano la chiusura e avanzano con difficoltà.

Una questione emersa di frequente riguarda il ruolo del museo all’interno della comunità di riferimento, che siano nativi neozelandesi, abitanti delle favelas brasiliane o tribù della penisola arabica. Si tratta di un ruolo estremamente delicato, in cui il museo dovrebbe essere attore attivo e fare da ponte tra passato e presente, creando valore.

Una via per affrontare la pandemia, intrapresa da molti dei musei citati durante le chiacchierate, seguendo anche un trend che ha caratterizzato la quasi totalità dei musei mondiali durante la quarantena, è stata quella di dare forte impulso alle attività digitali: da interviste a tutorial, da visite guidate con il direttore del museo a laboratori per grandi e piccini; le forze dei musei si sono concentrate nel fornire dei servizi di qualità per educare e raccontare contenuti, nonostante la chiusura fisica delle loro strutture. Strumenti che erano già a disposizione di tutti sono stati riscoperti e finalmente utilizzati, come con le Chat on the Sofa: l’isolamento forzato ci ha permesso di sentirci e vicini a luoghi e persone geograficamente distanti. 

I musei stanno esplorando ancora come utilizzare la tecnologia digitale, analizzando i progetti di successo e le reazioni del pubblico (qui una piccola guida al digital storytelling per i musei). La domanda, a cui ancora non abbiamo la risposta, è quindi come l’uso delle tecnologie per la fruizione e la comunicazione dei musei si svilupperà e in quale direzione, anche se possiamo dire con certezza che rappresentano un’eccellente opportunità di evoluzione per queste realtà. 

Per riassumere, dalle nostre interviste a 12 professionisti della cultura e dei musei emerge la necessità di ripensare il museo tradizionale, o di continuare su strade innovative, per mantenere la cultura viva, accessibile, in grado di sfruttare con consapevolezza gli strumenti digitali e creare un legame attivo con le comunità.

Le interviste di Chat on the Sofa sono reperibili sul canale IGTV di soluzionimuseali-ims e sono ora disponibili anche sul nostro canale YouTube.

Gli ospiti, che provengono dai quattro angoli del globo, sono stati i seguenti:

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Il visitors’ journey nei musei

Finalmente non siamo più i soli a parlare di visitors’ journey!

È dal 2004 che parliamo di brand e di visitors’ journey nei musei. Recentemente, non siamo più da soli a promuovere questo concetto che è uno dei pilastri su cui si basano le strategie di marketing. Infatti è sul customer or purchase journey che si sviluppa il “percorso” che i visitatori compiono per avvicinarsi ai musei.
Ma anche se parliamo di marketing, non vi spaventate, cercheremo di farlo in modo comprensibile.

È stato Douglas B. Holt a identificare per primo nel 1995 il processo che determina il comportamento e le motivazioni all’acquisto dei consumatori: esperienza, integrazione e classificazione a cui aggiunse la dimensione del gioco. Dalla sua analisi, il passaggio alla pianificazione del processo d’acquisto è stato facile.

Così, la trasposizione del customer journey al visitor journey aiuta l’istituzione museale a capire meglio le motivazioni dei suoi visitatori e i comportamenti, pianificando il percorso in modo da sciogliere ogni possibile “inciampo” sul cammino.
Come si muove il visitatore all’interno del museo? Come viene coinvolto? Quali azioni compie prima della visita e quali dopo?

Questa attitudine pianificatoria, infatti, aiuta a porre attenzione a tutti gli strumenti che possono condurre un potenziale visitatore a:

  • «intercettare» la presenza del museo nel territorio che a lui interessa;
  • identificare l’offerta museale rispetto a quella di potenziali competitori che, sempre più spesso, non sono altri musei bensì altre attività nell’ambito dello sport e dell’entertainment;
  • pianificare le risorse che dovrà mettere in atto (di tempo, economiche e organizzative) per realizzare la visita.

Ma il visitors’ journey non si ferma qui, anche se per molti forse sarà già una sorpresa iniziare a pensare che il percorso dei visitatori non è solo ed esclusivamente quello che devono compiere all’interno del museo, una volta varcata la soglia – fisica o virtuale.

Se vogliamo dare qualche indicazione pratica, come nostra abitudine, iniziamo a dire che il v.j. deve prevedere le fasi PrimaDuranteDopo la visita.
La prima e l’ultima fase sono quelle più delicate perché il museo ha l’obbligo di prevederle e cercare di governarle, ma sono le fasi in cui la volontà e l’attenzione del visitatore agisce indipendentemente e può venire distratta da una miriade di altri fattori. Nelle fasi del Prima e del Dopo, il museo deve mettere essere capace di attivare ogni suo canale di comunicazione e di rapporto con il territorio; mentre dove il museo si gioca tutte le sue carte in modo diretto è, ovviamente, nella fase di visita – il Durante. Qui non può proprio sbagliare: anche se qualcosa del Prima non è andato bene, nel Durante come dicono in alcune trasmissioni, deve “spaccare”!

Ogni fase, ha le sue “pietre miliari” … e avete notato che stiamo cercando di non usare inglesismi, questa volta?

Nella fase PRIMA, bisogna far nascere la consapevolezza dell’esistenza del museo e della sua offerta, stimolare il desiderio di visita, facilitare l’organizzazione e, oramai sempre più in questa fase, concludere l’acquisto.
Per far nascere la consapevolezza, attività di comunicazione tradizionale o/e virtuale devono essere rivolte a chiunque possa essere interessato ai messaggi, ai contenuti, al territorio in cui si trova il museo.

Per fare questo i social network e la cartellonistica tradizionale, locandine e cartoline possono essere strumenti adeguati per stare nella prossimità. Alcuni musei hanno iniziato a fare pubblicità sui media tradizionali e sui mezzi di trasporto, e ad utilizzare i social network come “agganci” per nuovi pubblici.
La consapevolezza dell’esistenza di un museo e della sua offerta culturale si trasmette anche attraverso l’identificazione di un logo ben riconoscibile, omogeneo alla identità grafica e visuale del museo su tutti i materiali on-line ed off-line relativi al museo stesso. E a questo proposito, vi invitiamo ad andare a rivedere il nostro articoletto sul Brand museale.

Una volta che il visitatore è venuto a conoscenza del museo e della sua offerta, vuole saperne di più e quindi inizia la scoperta del museo e di dove si trova attraverso il sito web, video, gaming e altri canali e strumenti di approfondimento. Qui bisogna stare molto attenti! Tutto quello che il museo dichiara deve poi essere ritrovato. Quindi indicazioni stradali, ricettività, ristorazione, attività sul territorio, accessibilità e qualsiasi tipo di servizio di cui il museo si fa portavoce nei suoi canali di comunicazione, deve essere effettivamente presente. In questo modo il museo si fa in un certo modo garante del suo territorio e dei suoi servizi. Una bella responsabilità, ma è la chiave per dare una visione completa ed esaustiva al visitatore di come organizzarsi e di quella che sarà la sua esperienza di visita.

Se i due passaggi precedenti sono stati efficacemente progettati dal museo, il coinvolgimento è assicurato! Si potrebbe attivare anche, sempre per aumentare il coinvolgimento del visitatore prima del suo arrivo, un sistema di CRM e di dialogo diretto che il museo sia in grado di rendere stimolante (chatbot, Faq, Q&A, oltre alla più tradizionale newsletter).

E da qui via a far acquistare il biglietto online… oppure per chi può, alle soglie dell’ingresso del museo.

E così inizia la fase DURANTE. Su questo tema ci sarebbe da scrivere molto.

Ci limitiamo a ricordare quanto diceva Kenneth Hudson riguardo i musei: quelli migliori sono quelli in cui ci sono più sedie che opere e dai quali si esce migliori di quando vi ci sia entrati.
Naturalmente, ognuno ha il suo stile e la sua missione specifica e quindi non entriamo qui nel dettaglio ma tuttavia se le aspettative del visitatore rispetto all’esperienza di visita vengono confermate – e magari ampliate – all’uscita del museo, nella fase del DOPO, vi sarete garantiti un visitatore in più che continuerà a seguirvi e che concorrerà ad aumentare la vostra reputazione e la consapevolezza fra il suo circolo di conoscenze (non dimenticate che il passaparola resta lo strumento di marketing più antico del mondo!).

Nella nostra attività di consulenza e progettazione, adottiamo un approccio olistico basato sull’analisi del visitor journey. Questo ci permette di approfondire e migliorare le esigenze del museo e del pubblico al quale si rivolge, ottimizzando efficienza ed esperienza.

La pandemia ha rimescolato le carte: distanza sociale e norme igieniche incidono particolarmente sul visitor journey tradizionale, il quale deve ora adattarsi e rimodellarsi a fronte delle nuove necessità. Per questo, nell’articolo della prossima settimana tracceremo un nuovo scenario per il visitor journey post Covid19.

Per tutto il resto, e per approfondimenti contattateci qui o scriveteci sui nostri canali social.

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