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Musei e Gender Gap

AUTORE
M. Cristina Vannini
M. Cristina Vannini
PUBBLICATO IL
27/09/2019
Gender Gap

Parlare di discriminazione di genere all’interno dei musei non è una novità. Dallo slogan lanciato nel 1985 dalle Guerrila Girls “Do Woman have to be naked to get into the Met Museum?” alle più recenti ricerche sulla gender pay gap fra gli artisti contemporanei, il dibattito è ormai aperto da tempo e ben lontano da una conclusione. E’ chiaro che la strada da percorrere per avere un trattamento equo delle donne nel mondo dell’arte e della cultura è ancora lunga, anche se sicuramente sono stati fatti passi avanti negli ultimi decenni.

Il pari trattamento delle artiste, la loro presenza nei musei e nel mercato dell’arte, il modo in cui le donne vengono rappresentate: questi sono da sempre i temi centrali della battaglia per la parità di genere nel mondo dell’arte e dei musei. C’è però un’altro aspetto della questione che spesso rischia di essere trascurato, soprattutto a livello nazionale: il ruolo che le donne hanno nei musei come lavoratrici.

A nostro parere questo deve diventare invece un argomento centrale: non ci si può aspettare di risolvere, o anche solo affrontare un problema senza lavorare sulle strutture in cui verifica. Non ci si può quindi limitare a ragionare in termini di  contenuti e allestimenti. Bisogna riflettere anche sul museo inteso come luogo di lavoro.

Questo è particolarmente rilevante perché, come dimostrano le ricerche promosse all’estero da istituzioni come GEMM (Gender Equity in Museum Movement)  le professioni museali rischiano di diventare una pink collar profession”, termine nato durante la seconda guerra mondiale per indicare quelle occupazioni che vengono esclusivamente, o quasi, praticate da donne. Negli Stati Uniti, se i trend degli ultimi anni saranno confermati, in un decennio più del 70% della forza lavoro impiegata nei musei sarà composta da donne.

Cosa significa? In questi casi è facile che si verifichi quello che viene chiamato un “respect gap”. Le professioni “femminili” vengono svalutate, considerate meno attraenti dalle persone di entrambi i generi e spesso pagate di meno. E lavorare in un ambiente prevalentemente femminile non elimina inoltre altri tipi di discriminazione. 

E’ vero che anche nelle pink collar profession se la presenza degli uomini non è del tutto assente è però spesso prevalente nei ruoli dirigenziali. Anche in questa categoria si notano differenze di trattamento, come dimostra il report del 2017 sul gender pay gap riguardante i direttori dei musei prodotto dall’AAMD (Association of Art Museum Director, USA). Se il numero delle direttrici donne negli Stati Uniti è in aumento (del 5% rispetto al 2013, per il 48% del totale) le donne continuano a guadagnare di meno rispetto ai loro colleghi uomini. Inoltre, si riscontrano significative differenze in base alla tipologia – e al budget- del museo. Più è alto il budget a disposizione dei musei presi in considerazione, più la percentuale di donne direttrici si abbassa. E in questi casi anche la disparità nello stipendio aumenta notevolmente (le donne guadagnano circa 20% in meno degli uomini).

E in Italia? Non esistono dati o ricerche statistiche specifiche all’ambiente museali, ma il  Global Gender Gap Report 2018 del World Economic Forum mette l’Italia al 70° posto a livello mondiale nel suo Global Index, e al bassissimo 118° per  parità nelle opportunità economiche. Rimane alta però la partecipazione delle donne all’educazione. L’Italia si classifica prima per numero di donne laureate, che sono in numero maggiore rispetto agli uomini (136 ragazze ogni 100 ragazzi).  Nelle arti e materie umanistiche il numero di laureate è quasi il doppio rispetto a quello dei colleghi maschi (il 19,2 % delle laureate donne è in materie umanistiche, contro il 10.9% degli uomini).

Questo ci dimostra come l’elemento chiave per ragionare sulla parità di genere nei musei e nel mondo della cultura si trovi nelle condizioni lavorative delle donne. Competenze e volontà di partecipazione sono presenti: è da vedere se questi si traducono in effettive opportunità, trattamento equo e giusta valorizzazione dei talenti.

In ogni caso, una riflessione sullo stato delle donne lavoratrici all’interno dei musei italiani richiede un’analisi più attenta e precisa, che tenga in considerazione i ruoli dirigenziali e le opportunità date alle donne di fare carriera nei musei ma anche tutte le altre categorie lavorative impegnate a far funzionare un museo. Ed è importante che indagini e ricerche siano accompagnate da una conversazione continua ed aperta. 

Proprio questo mese Voice of Cultures ha organizzato degli incontri di brainstorming sul tema “GENDER EQUALITY: Gender Balance in Cultural and Creative Sectors”,  presso il Goethe-Institut a Praga. Questi incontri dovranno identificare problemi, sviluppare possibili azioni da mettere in atto e misure per rimuovere ostacoli alla partecipazione femminile alle arti e alla cultura. I risultati saranno sicuramente un punto di partenza interessante per iniziare a lavorare sulla disparità di genere nel mondo della cultura europeo.

Nessun passo avanti può essere fatto senza un confronto sul tema:  chiediamo quindi a voi di raccontarci le vostre esperienze, negative e positive.