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Come umanizzare i postumi da Covid-19

Strategie narrative per ripensare gli spazi museali dopo la quarantena.

AUTORE
M. Cristina Vannini
M. Cristina Vannini
PUBBLICATO IL
10/06/2020
Conferenza stampa per la riapertura del Cinema Anteo
Immagini dalla conferenza stampa per la riapertura del Cinema Anteo il 9 Giugno 2020

Fra le tante conseguenze della pandemia di Covid-19 nelle nostre vite, c’è il segno che ha lasciato nei nostri spazi e nelle nostre abitudini.

È ormai evidente come la quarantena e il distanziamento sociale, entrando a far parte della nostra routine, abbiano modificato la nostra quotidianità, il modo in cui ci muoviamo nello spazio e ci rapportiamo l’uno con l’altro. 

Ma la pandemia ha lasciato un segno anche sugli spazi fisici, per le strade e nelle città: gli spazi pubblici hanno visto comparire barriere e segnaletica che ci ricordano l’importanza della distanziamento per il bene nostro e degli altri.
I musei che hanno cominciato a riaprire le loro porte in queste settimane non sono rimasti esclusi da questa pratica: e anche noi di soluzionimuseali-ims abbiamo già parlato dei potenziali step che i musei possono mettere in atto per rendere i propri spazi sicuri.

È indubbio che queste indicazioni sono qualcosa da cui non si può prescindere, e che devono continuare ad esistere per la sicurezza di tutti. Ma per quegli spazi che, come i musei, si sono sempre dedicati ad accogliere e coinvolgere il proprio pubblico è chiaro quanto sia grande l’impatto – conscio e inconscio – che può avere la segnaletica che comunica le regole del distanziamento sociale.

A questa si accompagnano tutte le altre “barriere” a cui dobbiamo abituarci, come mascherine e guanti, che aggiungono una distanza simbolica ulteriore a quella pratica di un metro che dobbiamo mantenere. Spazi che prima sentivamo come nostri diventano ora distanti e minacciosi, con il rischio che queste indicazioni, uniformi e cariche di significati negativi finiscano per perdere il loro impatto ed essere ignorate da molti.

Come istituzioni che si sono sempre dedicate a sviluppare nuovi modi per educare e raccontare, i musei hanno più possibilità rispetto ad altre istituzioni di lavorare sui significati simbolici e sulla comunicazione di queste regole al pubblico. I musei potrebbero quindi essere capofila nello sperimentare modalità nuove con cui informare ed educare con strumenti che siano efficaci e immediati ma non freddi o alienanti.

Come umanizzare quindi il mondo di regole che è nato dai postumi dell’epidemia Covid-19?

Come già anticipato, una possibile soluzione consiste nel trasformare le barriere fisiche mantenendo il loro ruolo pratico ma ragionando sui significati impliciti di cui possono essere portatrici.

Come prima cosa bisogna concentrarsi sulla scelta del linguaggio e dei codici da utilizzare.

Una suggestione per provare a sperimentare in un campo solo parzialmente usato dai musei indica l’utilizzo di pupazzi, giocattoli o personaggi (inventati o reali). Può essere utile infatti sviluppare narrazioni e utilizzare figure e personaggi con cui il pubblico riesca a relazionarsi,

Un buon  esempio di queste pratiche è quello dell Museo Diocesano di Trento, che ha creato un’attività per trasformare l’ormai onnipresente guanto in un gioco per i bambini, facendolo diventare uno strumento che possono utilizzare per scacciare le proprie paure.

Il mio amico agguanta paure

Queste tecniche non sono utili soltanto per i più piccoli, anche se ovviamente sono loro ad essere i più ricettivi a questi strumenti.

Un esempio fuori dall’ambito dei musei è quello del Cinema Anteo a Milano: in occasione della sua riapertura, la segnaletica per le sedute disponibili  viene sostituita da posti “occupati” da attori e celebrità.

Conferenza stampa per la riapertura del Cinema Anteo
Immagini dalla conferenza stampa per la riapertura del Cinema Anteo il 9 Giugno 2020

Entrambi i casi dimostrano quello che vogliamo suggerirvi:

  • non date comunicazioni “dall’alto” – è sempre più necessario che le istituzioni museali si “personalizzino”: i musei sono fatti da persone per le persone e la possibilità di creare dei personaggi che rappresentino il museo e che accompagnino il visitatore (un tempo era comparsa nei musei la moda della mascotte) permette di impostare una comunicazione orizzontale;
  • non usate un tono di voce autoritario e negativo – un po’ di leggerezza e ironia dopo mesi di chiusura e preoccupazioni possono aiutare a continuare a sopportare le limitazioni;
  • mettetevi sullo stesso livello del visitatore – le regole di distanziamento fisico si applicano sia ai visitatori sia allo staff del museo, siamo quindi tutti nella stessa situazione;
  • riducete le distanze a livello psicologico – abbiamo tutti bisogno di un abbraccio, di un sorriso, di sentirci parte di una comunità: bambole, pupazzi, peluche, cartonati, spillette, mascotte, cappellini, foulard, adesivi… possono diventare segni di riconoscimento e di appartenenza a un gruppo di persone che anche a distanza si sentono vicine e soprattutto possono diventare una sorta di “coperta di Linus” a cui affezionarsi e con cui affrontare le nostre paure.

Per approfondire alcuni di questi temi, potete guardare la nostra #ChatontheSofa con Idoya Otegui Martinez, direttrice di Topic (International Puppet Center of Tolosa).