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Museo sociale o museo politico?

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AUTORE
Redazione
Redazione
PUBBLICATO IL

11/04/2025

TIPOLOGIA

Editoriale

Impatto sociale, bilancio sociale… museo sociale? 

Settimana scorsa, a Brescia, nella splendida cornice degli spazi della Fondazione Brescia Musei, all’interno del network di ICOM Italia, ci si è interrogati approfonditamente su cosa significhi sociale applicato a museo, bilanci e impatti. 

Mi permetto una riflessione a parte rispetto a tutte quelle che esimi colleghi hanno già proposto su varie piattaforme e, come spesso, mi pongo qualche domanda. 

Forse è giunto il tempo di essere un po’ più espliciti nelle definizioni che diamo alle nostre azioni, soprattutto nella consapevolezza che ogni azione - o inazione - è un atto politico e che, la cultura e quindi anche i musei, non sono neutrali.

L'idea di sociale porta con sé un bias di base. Sociale viene inteso come un concetto universale mirato a fare o portare del bene alla società. Spesso, tuttavia, questo bene altro non è che un trend topic comunemente accettato anche dalla comunità museale, magari un po’ aprioristicamente.

Su questa linea, di recente, nel mondo dei musei è diventato trendy il bilancio sociale (o di missione o di sostenibilità, a seconda di quanto davvero sociale il museo riesce a essere).

Perché fare un bilancio sociale? Cosa significa davvero museo sociale? Quali sono i vantaggi che si possono ottenere e a che livello di profondità? 

La prendo alla lontana, cercando di analizzare un contesto un po’ più ampio di quanto si consideri normalmente. 

In questi ultimi tre mesi, a seguito dell’uragano Donald che si è abbattuto sopra ogni lembo di terra e di mare esistente, accelerando drammaticamente l’entropia mondiale, una riflessione seria su cosa si intenda per museo sociale e quindi su quali impatti si spera che un museo possa contribuire a raggiungere è importantissima. 

Il modello dei musei partecipativi, codificati specialmente da colleghe nordamericane, sembra aver fallito nell’intento di costruire una cittadinanza attiva e consapevole, visti i risultati delle elezioni statunitensi. Gli eccessi della cultura woke in contesti ambientali in cui le problematiche esistenziali si arrestano alle prime fasce della piramide di Maslow hanno contribuito a marcare la separazione fra la percezione di quali siano le necessità prioritarie. Un individualismo esasperato accompagnato alla cultura dell’immagine e dell’apparenza erode sempre più velocemente i tessuti valoriali su cui si è fondata, nei secoli, la convivenza civile e sociale. 

I musei, sempre più utopici salvagenti (Robert R. Janes, Museums and societal collapse, 2023), si trovano a sorreggere sperduti migranti che cercano luoghi in cui salvaguardare quel po’ di umanità rimasta, oasi sospese di benessere, tranquillità e pace. Ma quindi? Il museo sociale cos’è, se la socialità si sta dissolvendo e i diritti sociali faticano a farsi rispettare? 

Il museo sociale è uno degli ultimi baluardi di un’azione politica e civica ed è per questo motivo che i musei – oggi – non devono essere mete turistiche, neanche informali erogatori di welfare, come altre volte invece ho sostenuto. Il museo sociale è uno spazio di lotta e di sopravvivenza, non più come dicevo fino a qualche tempo fa, hub per la creazione di nuova cultura, ma spazio di conservazione della Cultura, della critica e della coesistenza. I suoi leader devono essere quasi dei missionari della resistenza agli attacchi del potere cieco. I suoi spazi ambienti di accoglienza, ricovero e rigenerazione. L’advocacy, che per i musei italiani non è mai stata una finalità chiara, deve essere uno degli obiettivi primari del museo che, a questo punto, non è più museo sociale ma museo politico. Piuttosto di lanciare una campagna “adotta un museo” varrebbe che ora i musei si lanciassero nell’adozione di campagne rilevanti per le proprie constituencies, che vadano oltre ai temi main stream della sostenibilità ambientale e climatica, ma che siano in grado di toccare le vere esigenze, aspettative e bisogni del proprio pubblico. A questo punto l’impatto dei musei sarebbe ampio e profondo, più facilmente valutabile sulla base di azioni – politiche - che propongono dei cambiamenti evidenti nelle policies e nella vita reale delle persone.

A questo punto, accettando il valore politico dell’azione dei musei, le amministrazioni pubbliche e gli enti proprietari si renderebbero conto del valore del bilancio sociale, anche in termini economici. A questo punto il cittadino starebbe davvero bene all’interno di uno spazio che lo protegge e lo sorregge. 

HOW TO:

  • Analizzare e definire approfonditamente la propria mission
  • Studiare il contesto in cui il Museo opera
  • Aprire consultazioni con la popolazione
  • Decidere gli obiettivi di advocacy