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Giornata Internazionale dei Musei: accessibilità e advocacy

Advocacy for all: fare rete, dare accesso, costruire un nuovo futuro.

AUTORE
M. Cristina Vannini
M. Cristina Vannini
PUBBLICATO IL
20/05/2020
Advocacy for all

Nella giornata internazionale dei musei, dedicata all’uguaglianza, alla diversità e all’inclusione, ci siamo interrogati su come i musei possano rispondere a questa chiamata e abbiamo provato a parlarne durante l’incontro organizzato dalla Commissione Accessibilità di ICOM Italia.

Potete trovare qui le slide riassuntive dell’intervento.

L’accessibilità, infatti, è la chiave che apre i musei all’inclusione: un’accessibilità dei luoghi, dei contenuti, della condivisione delle storie e delle emozioni nei confronti delle molteplici comunità a cui i musei si possono rivolgere. Bisogna infatti iniziare a parlare al plurale: non è “una” comunità di riferimento ma sono molte comunità, varie, interconnesse e spesso sovrapposte, ognuna portatrice di interessi particolari a cui i musei possono dare risposte, possono approfondire di significato e infine possono dare voce. Sono l’evoluzione delle tribù di Maffessoli [Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne, Guerini e Associati, 2004].

Accessibilità quindi diventa Advocacy. Ricollegandoci al concetto di Universal Design che l’associazione Designforall ha aiutato a diffondere in Italia anche proprio, inizialmente, insieme alla neonata Commissione Accessibilità, abbiamo voluto intitolare il nostro intervento “Advocacy for all: fare rete, dare accesso, costruire un nuovo futuro”

L’Advocacy nei musei è uno strumento reciproco, come ha insegnato l’AAM oramai 12 anni fa, con cui i musei si fanno rappresentare da testimonial famosi o da gruppi d’interesse ma attraverso i quali i musei danno voce a chi non riesce a farsi sentire. In questi mesi quante sono state le persone che, chiuse nelle loro case, non hanno avuto voce o non hanno trovato chi potesse parlare per loro? 

Temi quali l’omosessualità e di contro l’omofobia, il nuovo femminismo e i femminicidi, la povertà diffusa, l’immigrazione e le forme di nuova schiavitù, le nuove geografie che si sono aperte grazie e a causa della tecnologia, le guerre, le varie forme di disagi fisici e psicologici a cui questo periodo di isolamento ha provocato, sono tutti temi che si possono ritrovare nei musei: nelle storie delle opere, degli autori, dei periodi storici e nell’evoluzione delle civiltà che sono conservate nei musei. 

Se i musei vogliono diventare rilevanti nella vita delle persone e nel contesto sociale, devono imparare ad aprire le loro storie a chi le può comprendere nel profondo, a chi può aggiungere a quelle storie le proprie, in un rimando costante di attualizzazione e di dialogo che non si può fermare all’interno delle mura dei musei ma che deve necessariamente superarle, perché i musei non sono fatti di mura e oggetti ma di persone, relazioni ed idee. 

Questo periodo ci ha insegnato ad andare oltre le distanze e le chiusure: tutti siamo usciti dalle nostre case senza muoverci da esse e abbiamo incontrato il mondo attraverso i nostri device digitali. Abbiamo capito che su alcune prassi e modalità di produrre e pensare non vale la pena tornare indietro: sul senso che abbiamo imparato a dare al tempo, al valore della qualità e dell’esperienza, all’importanza degli affetti e dei sentimenti, al significato di solidarietà e di collaborazione, ma soprattutto alla volontà di non perdere mai l’entusiasmo e la voglia di libertà.

Per rispondere a queste esigenze di senso la risposta dell’Accessibilità e dell’Advocacy richiede che, sia noi professionisti della cultura sia il nostro pubblico, ci ricordiamo di essere un insieme plurale a cui prestare ascolto e di cui prendersi cura, attraverso lo sviluppo di tutte le possibili interconnessioni e le nuove relazioni di prossimità, quasi che l’attività museale sia uno degli strumenti di un nuovo welfare sociale. 

Non possiamo più aspettare e soprattutto non sappiamo più cosa aspettare perché i musei entrino nella costruzione di un nuovo domani: dobbiamo mettere in atto offerte culturali rilevanti, sui veri bisogni delle nostre comunità attraverso il lavoro riconosciuto professionalmente di specialisti; dobbiamo richiedere che il nostro pubblico possa godere dei contenuti museali in presenza o a distanza ma validati da un piano nazionale di strategia digitale che ne garantisca l’elevata qualità e che l’esperienza museale delle nostre comunità venga sostenuta economicamente; dobbiamo lavorare alla creazione di reti integrate sui nostri territori affinché non si riproponga il modello di turismo di massa che ha congestionato e banalizzato il rapporto con i visitatori ma chiediamo che i nostri musei entrino a far parte di una conversione “smart” e “green” più ampia a livello nazionale. 

Un nuovo modo di pensare

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