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Il museo accessibile

Disabilità, accessibilità, integrazione: come il museo evolve per diventare un luogo aperto a tutti

AUTORE
M. Cristina Vannini
M. Cristina Vannini
PUBBLICATO IL
31/07/2020

Ricordiamo che lo scorso mese è di particolare rilevanza, perché luglio è riconosciuto in America come il Disability Pride Month, poiché coincide con l’anniversario della firma dell’Americans with Disabilities Act del 1990, il testo di legge che tutela questa categoria contro la discriminazione in tutte le aree della vita pubblica, dal lavoro, la scuola, i trasporti fino a tutti gli spazi pubblici e privati aperti al pubblico. L’obiettivo della legge è quello di assicurare alle persone con disabilità gli stessi diritti e opportunità di tutti gli altri cittadini.

Ma facciamo prima un passo indietro.

COSA CI VIENE IN MENTE QUANDO PARLIAMO DI DISABILITÀ?

Ciò che potrebbe più facilmente venirci in mente è forse la sedia a rotelle, simbolo internazionale dell’accessibilità, che incontriamo spesso nella nostra vita quotidiana, dai parcheggi riservati ai bagni pubblici.
Soffermandoci a riflettere ci accorgiamo però che la disabilità comprende molto più di questo: essa non è solamente fisica e motoria, ma comprende anche problematiche cognitive, del comportamento, nella comunicazione o nell’interazione sociale ed economica.
Questo ci fa capire quanto poco sia diffusa la sensibilità su questo tema che è poco discusso dalla società, benché la disabilità sia parte integrante della vita e dell’esperienza umana da sempre.

Lo dimostra anche un interessante studio archeologico, da poco pubblicato da Debby Sneed, docente alla California State University di Long Beach, in cui si sostiene che gli edifici greci – e in particolare quelli dedicati al culto, alla cura e alla guarigione della persona – fossero dotati di rampe di pietra nei punti di accesso, probabilmente per favorire l’ingresso di anziani e di persone con disabilità, che altrimenti avrebbero avuto difficoltà a salire i gradini.
Ciò prova che già più di 2300 anni fa la società greca adattava l’architettura delle proprie città per favorire le persone disabili.

MA QUAL È OGGI LA SITUAZIONE NELLE NOSTRE SOCIETÀ E IN PARTICOLARE NEI MUSEI?

Negli ultimi decenni i musei hanno molto dibattuto, oltre che sperimentato pratiche e strumenti, con l’obiettivo di includere prospettive ed esperienze di vita che erano state precedentemente escluse dagli spazi museali, come la disabilità.
I musei hanno la capacità di plasmare il modo in cui osserviamo e viviamo il mondo e, di conseguenza, hanno anche il potenziale inespresso di reimpostare il modo in cui le persone vedono e interpretano la disabilità.
Nonostante ciò, il cammino è ancora in salita, infatti ci si è spesso limitati a colmare il gap esistente con interventi temporanei che non toccano l’anima del museo.
Prima ancora degli interventi architettonici e della rimozione delle barriere fisiche, il primo passo per creare accessibilità in un museo è cambiare approccio e attitudine nei confronti della disabilità. Troppo spesso – sono le stesse persone con disabilità a confermarlo – sono gli atteggiamenti negativi delle persone, come la discriminazione e l’esclusione, a rappresentare la prima vera importante barriera che essi incontrano nella società.
L’obiettivo per il museo deve quindi essere quello di uguaglianza di partecipazione per tutti i visitatori, contribuendo attivamente alla trasformazione culturale dell’interpretazione della disabilità, creando programmi e risorse che supportino i differenti obiettivi e modalità di apprendimento dei visitatori.

L’Italia in questo senso è stata capofila per la promozione dell’accessibilità e dell’inclusività della disabilità nei musei. Alcuni ottimi esempi sono forniti dal Museo Tattile Statale Omero di Ancona, la cui collezione è fruibile tattilmente per promuovere l’integrazione culturale dei minorati della vista, e dal Museo Tolomeo di Bologna, in cui viene raccontato tramite installazioni interattive l’Istituto dei Ciechi “Francesco Cavazza”.

MA NON SOLO:

  • nel luglio 2018 sono state pubblicate dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo le Linee guida per la redazione del Piano di eliminazione delle barriere architettoniche (P.E.B.A) nei musei, complessi museali, aree e parchi archeologici, che include un allegato dedicato alla fruizione e all’accessibilità dei luoghi culturali;
  • nel settembre 2019 durante la Conferenza Generale di ICOM svoltasi a Kyoto, l’Italia ha proposto l’istituzione di una Commissione Internazionale per l’accessibilità, l’inclusione e l’usabilità museale, già presente in Italia ma non a livello mondiale;

A seguito dell’Assemblea Generale di Kyoto, il tema della Giornata internazionale dei Musei 2020 è stata intitolata: Musei per l’Uguaglianza – Diversità e Inclusione dove, nel convegno online organizzato dalla Commissione Accessibilità Museale di Icom Italia, si può trovare il contributo di M. Cristina Vannini.

  • sono attivi tanti diversi programmi e iniziative volte all’integrazione della disabilità nei musei e nei luoghi di cultura, come A.D. Arte, un sistema informativo per la fruizione dei beni culturali da parte di persone con esigenze specifiche.

Ma quindi, per chi volesse approcciarsi al superamento delle barriere e a ragionare in termini di accessibilità, di cosa si tratta?

Essa si può dividere, semplificando, in due macroaree:

  • accessibilità fisica, che riguarda la mobilità del visitatore (gli ostacoli fisici limitano e impediscono l’uso sicuro e confortevole degli spazi e dei dispositivi museali);
  • accessibilità percettiva, che riguarda i contenuti e il riconoscimento di segni nello spazio (fisico o virtuale).

L’accessibilità non si riduce però solamente agli spazi fisici del museo, bensì sono da tener presente altri due fattori:

  • la raggiungibilità o accessibilità esterna, che riguarda la riconoscibilità, la corretta identificazione e il corretto utilizzo dello spazio culturale, al di fuori di esso. In questo caso, si tratta anche della segnaletica (la sua mancanza impedisce al visitatore di orientarsi, di riconoscere gli spazi, di comprendere i contenuti e di partecipare alle attività);
  • l’accessibilità economica, che riguarda la possibilità di tutti di godere di un diritto fondamentale.
    Entrambi questi fattori sono parti integranti e fondamentali del visitors’ journey.

Nonostante la presenza di ottimi segnali e di continui miglioramenti, c’è ancora molto da fare.
Ciò che è certo è che è necessario partire dalle nostre emozioni, sensazioni e comportamenti come strumenti di relazione e comprensione, per costruire un linguaggio comune ed esplorare da diversi punti di vista la relazione tra persona, oggetto e spazio museale.
Prima cambierà la nostra attitudine in merito alla disabilità, più i musei diverranno dei luoghi aperti davvero a tutti.

Un nuovo modo di pensare

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