ICOM Dubai 2025: un'opportunità di vera riflessione sulla museologia
01/12/2024
Editoriale
All'inizio di novembre, ho avuto il piacere di tornare a Dubai per partecipare al simposio preparatorio della prossima Conferenza Generale dell’International Council of Museums (ICOM), prevista per novembre 2025. Dopo questa visita, sono davvero convinta che questo evento sarà un'opportunità straordinaria per confrontarsi con prospettive museologiche diverse e per mettere in discussione le idee dominanti che caratterizzano la disciplina museologica e museografica e superare i paradigmi consolidati. Mi auguro potrà essere l'occasione per l'apertura reciproca a modi di pensare che riflettono le molteplici realtà del nostro mondo globale.
Durante il mio ultimo viaggio, però, ho avuto l'opportunità di vedere questa città attraverso gli occhi di molti colleghi museali che la visitavano per la prima volta e che hanno fatto fatica a superare le proprie radicate convinzioni e certezze museologiche.
Dubai: oltre le prime impressioni
Dubai non è solo uno skyline scintillante o un teatro di innovazioni tecnologiche, non è neppure la città distopica dell'immaginario costruito da Ridley Scott in Blade Runner. È una città che sfida continuamente le percezioni. Anche nel campo della museologia. Si può essere d'accordo o no, si possono apprezzare o meno, ma non si possono accantonare o sminuire. Nel mondo dei musei si discute ampiamente di decolonizzazione, ma spesso ci troviamo intrappolati in modelli mentali e pratiche profondamente radicati nella concezione museale otto-novecentesca.
La sfida dell'immateriale
In Occidente, siamo abituati a concepire i musei come luoghi di conservazione e valorizzazione di oggetti tangibili. A Dubai, invece, le pratiche espositive riflettono una cultura che dà maggiore importanza all’immateriale: storie, tradizioni orali e simboli condivisi. Anche laddove esistono collezioni materiali, queste spesso si riferiscono a una tradizione nomadica in cui gli oggetti hanno un valore diverso, più funzionale che storico o estetico, rispetto a ciò che consideriamo patrimonio artistico in Occidente.
In questo senso, alcuni colleghi hanno percepito i musei di Dubai come spazi "vuoti di oggetti" e spogli, privi della densità narrativa e delle finalità a cui siamo abituati. Tuttavia, questa percezione, a mio avviso, rivela più i limiti delle lenti culturali con cui li osserviamo che la realtà di ciò che rappresentano.
Forse qui sta il nodo centrale.
Musealizzare il presente
Una delle sfide più interessanti che Dubai sta affrontando è la "musealizzazione del presente". In una nazione così giovane, dove 50 anni fa l'alfabetizzazione e lo sviluppo individuale – specialmente femminile – erano quasi inesistenti e dove, fino a più recentemente, il concetto di patrimonio o ricchezza culturale non era considerato, c'è un forte bisogno di celebrare il salto straordinario compiuto in così poco tempo. È tutto bello, tutto perfetto? No certo. Come nella società, così nei musei Dubaiti ed emiratini c'è ancora molto da migliorare, soprattutto nell'approccio alla fruizione, al farsi domande, a dare risposte aperte e stimolanti, nell'affrontare tematiche controverse, nella concessione di autonomia gestionale ai direttori di museo… ma non possiamo chiedere che una nazione in cui anche la museologia è giovane, trovi immediatamente tutte le soluzioni a questioni che attanagliano i musei occidentali da almeno un secolo. La narrativa che hanno sviluppato, a volte enfatica, è però anche uno strumento per costruire una consapevolezza collettiva e per fissare un’identità nazionale che è stata messa a repentaglio da una accelerata globalizzazione e cercare di recuperare il più possibile quanto stava per andare perso: una fase storica che richiede di essere “musealizzata”.
Al di là di tutte le diversità, ecco forse la maggiore differenza: la musealizzazione del presente verso quella del passato. L'utilizzo dei musei per costruire il futuro rispetto a cercare di capire il presente: se i musei occidentali cercano di comprendere il passato, quelli di Dubai sono progettati per stimolare una visione del futuro.
Un'occasione per ripensare
Questo viaggio mi ha ricordato l'importanza di sospendere il giudizio e aprirsi a nuovi paradigmi. Dubai ci offrirà un’occasione preziosa: ascoltare, imparare e accettare approcci che sfidano le nostre certezze potrebbe essere la chiave per reinventare il ruolo del museo nel XXI secolo. Certo, dovranno imparare anche loro, soprattutto ascoltare, ma noi operatori culturali occidentali non possiamo permetterci di non vedere, o di non voler capire, il modello che i musei diversi dai nostri ci offrono.